I PITAGORICI
“I numeri sono la sola cosa che non inganna, ed in cui risiede la verità; essi sono il principio e l’essenza di tutte le cose, e la ragion prima della loro esistenza”. Cit. Porfirio, Vita di Pitagora.
Dunque, per conoscere il valore dell’incognita 𝜱, dobbiamo andare ad indagare nel passato.
Più precisamente, dobbiamo tornare nella Magna Grecia del VI secolo a.C., a Crotone, dove si trovava la scuola dei pitagorici, i discepoli di Pitagora di Samo, ossia il probabile ideatore del noto teorema che tutti abbiamo imparato sui banchi di scuola:
"In ogni triangolo rettangolo, l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa è uguale alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti."
Una leggenda narra che Pitagora dedusse questo principio semplicemente osservando le mattonelle quadrate di un pavimento all’interno del pazzo di Policrate, il tiranno di Samo.
Ma, in realtà, questa fu solo una delle tante intuizioni illuminanti che egli ebbe nell’arco della sua vita. Per esempio, osservando con costanza il ripetersi dei fenomeni naturali, Pitagora e i suoi seguaci giunsero ad affermare che l’Universo, ovvero la realtà e ogni cosa in essa contenuta fossero composte e ordinate dai numeri.
Secondo i pitagorici infatti il principio (archè) del Mondo gravitava intorno al concetto di numero, inteso non solo come una quantità (aritmetica) ma anche come una forma (geometria). Pertanto la storia ci tramanda che, nel contemplare le relazioni armoniche esistenti in tutte le cose presenti in natura, fu proprio un membro della Scuola Pitagorica, Ippaso da Metaponto, a scoprire che alcuni rapporti erano incommensurabili e determinati da numeri di cui non era ancora nota l’esistenza: i numeri irrazionali, ovvero quei numeri reali che, scritti in forma decimale, danno luogo a numeri illimitati non periodici.
Emblema di questa scoperta è proprio la figura geometrica simbolo della Scuola Pitagorica: il pentagramma inscritto in un pentagono regolare.
Tracciando infatti le diagonali di un pentagono regolare si
ottiene un pentagono stellato, ossia una stella a cinque punte; il colore verde nell’immagine mette in risalto i cinque triangoli isosceli che formano le punte del pentagramma e il pentagono regolare più piccolo che si ottiene all’interno della figura.
Sembra quasi incredibile a dirsi, ma il rapporto tra i lati di ciascun triangolo (per questa ragione detti “aurei”), così come il rapporto tra ogni diagonale e lato del pentagono, è un numero che possiede infinite cifre dopo la virgola: il numero irrazionale 1,618…
Ancora più sorprendente risulta il fatto che il punto d'intersezione tra due diagonali del pentagono regolare a sua volta divide ciascuna di esse in due segmenti il cui rapporto continua ad essere 1,618.
E le sorprese non finiscono qui!
Nel pentagono ottenuto all'interno della stella, è possibile tracciare un'altra stella che a sua volta conterrà un altro pentagono e così via, se ne possono ottenere sempre di più piccoli, tutti caratterizzati dal medesimo rapporto tra le loro parti... All’infinito, dando vita a un oggetto geometrico definito dalla matematica frattale.
Non a caso, questo strabiliante numero irrazionale, con il tempo, anche se non si sa quando di preciso, assunse molteplici nomi, come, ad esempio, “numero d’oro”, o “numero aureo”, oppure “numero divino” o, ancor meglio, “rapporto aureo”.
La definizione di aureo rievoca appunto la perfezione, la bellezza e l’armonia che tale misura conferisce e che il nostro cervello sembra saper riconoscere e apprezzare senza alcuno sforzo.