Dante e la leggenda di Sissa Nassir

Tutti conoscono la “Divina Commedia”, il capolavoro di Dante Alighieri, colui che all'unanimità è ritenuto il padre della lingua italiana. Leggendola, è facile riscontrare i numerosi riferimenti matematici, a partire dalla stessa suddivisione della struttura interna dell’opera in canti e terzine.

Ciò che non tutti sanno però è che anche Dante subì l'inevitabile fascino dei noti rompicapo di Fibonacci. In particolare, si lasciò ispirare dal problema dei conigli, proprio quello risolvibile mediante la successione aurea.

Infatti nel ventottesimo canto del Paradiso, quando si trova a dover esprimere il concetto di infinito, in relazione al numero degli angeli, il sommo poeta instaura un confronto con il gioco degli scacchi, verosimilmente appreso dal problema riportato da Fibonacci nel “Liber Abaci” e ispirato all’antica leggenda di Sissa Nassir, l’inventore degli scacchi.

Tale leggenda narra che:

"Il sovrano della Persia chiamò un famoso mago, Sissa Nassir, e gli chiese:

- Inventa per me un gioco bellissimo, che io lo possa giocare in ogni momento, e che sia imperituro.

Sissa inventò gli scacchi e li donò al sovrano, che tanto fu contento che gli disse:

- Hai superato te stesso; chiedimi or dunque come ricompensa quel che vuoi e sarai accontentato.

Sissa chiese, semplicemente, un po' di riso.

- Come un po’ di riso? - Ribatté il re incredulo e divertito. – Chiedi di più, quel che vuoi.

Ma Sissa insisté, finché il sovrano disse:

- E sia, tutto il riso che vuoi ti sarà dato.

E chiamò il gran ciambellano, che era anche l'abacista di corte.

Sissa chiese un granello di riso per la prima casella, due per la seconda, quattro per la terza, e così via, sempre al raddoppio, fino a completare le caselle della scacchiera che lui stesso aveva inventato. Il re rise a crepapelle, pensando: Che sciocco, poteva avere metà del mio regno!

Ma il gran ciambellano sbiancò in volto. Si rivolse al sovrano e disse:

- Maestà, temo che non potremo accontentare Sissa Nassir.

– Oh, e perché? – chiese il re allibito.

E il ciambellano fece presente al re che, anche raccogliendo tutto il riso di Persia e di Cina e dell'India e di ogni terra emersa, non solo il riso del raccolto attuale, ma il passato e il futuro nei tempi dei tempi, mai e poi mai si sarebbe ottenuto tanto riso, il cui valore superava di miliardi di volte quello del reame stesso. E così finì che Sissa Nassir fu decapitato per alto tradimento reale ed il ciambellano fu condannato a fare i conti di quanto riso era quello richiesto…”

Quindi, Dante, nel canto XXVIII, in riferimento alle gerarchie angeliche del nono cielo, o Primo Mobile scrisse:


“Lo incendio lor seguiva ogni scintilla;

Ed eran tante, che il numero loro

Più che il doppiar degli scacchi s’immilla”


Egli perciò doveva avere una seppur minima idea del risultato del calcolo che si ottiene sommando le potenze del numero 2, crescenti da 0 a 63 (numero delle caselle della scacchiera), e che corrisponde al numero dei chicchi di riso citati nella leggenda.


Gustave Dorè. Le schiere angeliche del Primo Mobile.

Secondo gli studiosi, esiste con certezza quindi un legame tra questa terzina dantesca e la leggenda persiana citata nel problema di Fibonacci.

Un problema che rievoca il ben più famoso rompicapo dei conigli, poiché anche in esso è contenuta una progressione geometrica, ossia una serie infinita di numeri in cui il rapporto tra ogni numero e il suo precedente è sempre costante.

E’ chiaro perciò che, anche se indirettamente, Dante abbia voluto rievocare la più nota progressione aurea del Pisano, di sicuro per lui fonte di fascino e di mistero.